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quando l'ordine del tuo mondo si incrina, lì inizia la tua storia
Bene, ma quando l’ordine va in pezzi, quando qualcosa si rompe e siamo chiamati all’avventura, non siamo subito pronti. Non ci sentiamo di abbandonare quello che sappiamo – nonostante stia andando lentamente in frantumi – per muoverci verso una chiamata potenzialmente pericolosa che ci strappa da casa.
Chi è il protagonista della storia che vogliamo raccontare? Tecnicamente il protagonista (o la protagonista, ovviamente) è chi ha il maggior numero di scene, ma soprattutto chi incarna la storia, chi se ne fa carico. E il protagonista è contraddistinto sempre da qualcosa: può essere un problema, o un difetto, un errore fatale che ha commesso nel passato, un segno distintivo, un valore, una premonizione. Qualcosa insomma che lo differenzia da tutti gli altri.
Ogni protagonista fa però resistenza al crollo del suo mondo (dagli torto…) e all’avventura necessaria per ripararlo, quel mondo. La sua chiamata all’avventura, alla storia, avviene dopo il superamento di una resistenza iniziale. Senza il superamento di questa resistenza non ci può essere avventura. Per il superamento delle nostre resistenze abbiamo bisogno di amici, mentori, alleati. E’ quindi qui che iniziamo a capire su chi possiamo davvero contare.
L’inizio di una storia ci ha fornito quindi: un personaggio principale (con alcuni segni distintivi e problemi personali), ma anche i suoi alleati, un mondo che va in pezzi, una chiamata verso la soluzione. Soluzione, ricordiamo questa parola, ci tornerà utile.
Nel secondo atto della storia che stiamo raccontando c’è, come dicevo poco sopra, il campo aperto delle possibilità. La chiamata all’avventura apre un vasto mondo di scenari, tutti diversi, tesi verso la soluzione del problema iniziale. Se nel primo atto un mondo va lentamente in pezzi, il secondo atto è allora la ricerca continua di soluzioni possibili per rimettere insieme quei pezzi, per farli tornare come prima.
Soluzioni, si tratta sempre della ricerca di soluzioni. Ricordate che vi avevo detto che questa parola ci sarebbe tornata utile?
Il secondo atto occupa la maggior parte di una drammaturgia in tre atti. Tendenzialmente metà, o anche più di metà delle pagine di un romanzo (o dei minuti di un film). E’ quindi davvero importante ciò che vi succede. Lì, nello spazio spalancato delle possibilità, i valori, i problemi, la forza del protagonista entrano in gioco per trovare una soluzione al problema iniziale. E di soluzioni il protagonista ne trova, in effetti. Anche molte più di una.
La nostra storia potrebbe finire qui, ha una soluzione, c’è quindi un finale. Eppure non è così. Perché?
Arriviamo allora a parlare di finale, anzi di finali. Ci sono infiniti finali possibili per la storia che stiamo scrivendo. Già nel secondo atto ne troviamo moltissime, come abbiamo visto. Ma quando riconosciamo quella giusta? Anzi, quella più giusta delle altre? Perché non siamo convinti del finale che stiamo scrivendo?
Le risposte sono due, e nel finale giusto devono comparire insieme: da un lato il finale deve rispondere al problema iniziale. Deve farlo in maniera convincente, esatta, rispondente rispetto a quell’incrinatura nell’ordine che abbiamo visto all’inizio.
In secondo luogo, il finale deve caricare su di sé una risposta convincente rispetto ai valori incarnati dal protagonista. Ricordate? Lo avevamo detto all’inizio. Un protagonista carica su di sé la storia e il suo problema, ma carica su di sé anche i propri problemi, i propri difetti, i propri valori. La storia si incarna nel protagonista, che se ne fa carico.
Il finale, quindi, è un luogo. Un luogo dove convergono soluzioni al problema iniziale, e soluzioni al problema del protagonista, nel rispetto dei suoi valori. Entrambi portati alla luce nel primo atto. E non è detto che questa soluzione accontenti tutti – mondo esterno e mondo interno al protagonista. Pensiamo al finale di Rocky I.
Cosa devo fare quindi se non trovo il finale della mia storia? Per scrivere il finale devo scavare nel primo atto. Lavorare, lavorare, lavorare sul primo atto, finché non capisco fino in fondo quali sono i problemi e i valori che in quello vengono espressi.
Ideatore del metodo Cartografia Letteraria, Writing Coach ed Editor.
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