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Che cos’è lo sviluppo creativo di un’idea? Come si trasforma un’intuizione in un progetto coerente, ben realizzato e pronto per il mercato? (spoiler: lavoro, lavoro e ancora lavoro). Ci offre 5 consigli Alessandro Di Pauli, sceneggiatore, scrittore ed esperto di progettazione e sviluppo creativo.
Ferdinando Morgana – Ciao Alessandro, benvenuto su Cartografia. Ricordo di averti conosciuto guardando Felici ma Furlans, la tua prima web serie, e di essere rimasto colpito da un dettaglio: per realizzarla l’hai dovuta prima trasformare in uno spettacolo teatrale, così da poterla finanziare grazie allo sbigliettamento. Ti va di raccontarci questa trasformazione e di come hai avuto questa idea?
Alessandro Di Pauli – FELICI MA FURLANS nasce da un lunghissimo processo di progettazione e di confronto sulla cultura friulana intrapreso con il co-autore e ideatore Tommaso Pecile. Preciso questo elemento, che per me è molto più di un dettaglio: ovvero la totalità dei progetti in cui sono coinvolto sono progetti realizzati in team. Non mi piace infatti lavorare da solo, perché quando sono solo sono meno intelligente, meno divertente e meno efficace. Quando sono in compagnia, infatti, le mie mancanze si notano di meno.
La produzione culturale tende ad essere autoreferenziale e stantia, soprattutto quando è guidata dal botteghino o dal mercato, che sono due modi per dire la stessa parola: denaro. Quando si crea un’idea si tende a pensare: come verrà accolta dal nostro pubblico? Chi la finanzierà? Esistono delle best practice già consolidate che possono ispirarci? Che cos’è una best practice?
Raramente si procede nella realizzazione di un’idea nella modalità “farla fuori dal vaso” o con il metodo che ho personalmente denominato “crea il problema, poi risolvilo” che sembra apostrofare la massima di Samuel Beckett “first dance, then think”. FELICI ma furlans nasce proprio da questo genere di premesse, ovvero dalla domanda: che cos’è che non esiste? Di cosa abbiamo bisogno ma che non riusciamo ancora a formulare come bisogno? Sarebbe interessante sapere cosa avrebbe risposto Freud a quest’ultima domanda.
Riguardando e ripensando lo sviluppo creativo della serie ho come la sensazione che nessuna di queste elucubrazioni mentali venga percepita dal pubblico o emerga in modo evidente. Non si nota proprio. E sono orgoglioso di questo. Perché una buon ragionamento è come un buon veleno: nella dose giusta, ha effetti devastanti, ma non se ne trovano le tracce.
Ritornando alla domanda: avevamo creato il problema (ovvero ideato la serie) e dovevamo risolverlo (ovvero farla produrre). Come fare? NESSUNO CREDEVA IN NOI. Lo scrivo in maiuscolo perché si percepisca l’impatto sonoro delle porte che venivano sbattute davanti ai nostri musi di giovani intraprendenti sceneggiatori. NESSUNO. Anzi in molti ci hanno dissuaso dal realizzare la nostra idea perché (ti prego mettilo come citazione virgolettata e riporta anche il fatto che ti prego di mettere la frase come citazione):
“Se una serie web ambientata in Friuli non esiste ci sarà un motivo”
Leggete bene questa frase. Soffermatevi sulla lungimiranza e profondità dei concetti che racchiude in sé… è con questo spirito che l’Australopitecus ha rinunciato alla collaborazione con l’Homo sapiens sapiens per la realizzazione del prototipo di un comodo mezzo di trasporto: mi riferisco al fantomatico progetto “ruota”. (potrebbe non essere vero)
Ricapitolando: avevamo l’idea, avevamo le sceneggiature, avevamo la convinzione che la cosa funzionasse, ma soprattutto avevamo la profonda sfiducia dell’ambiente culturale attorno a noi. Potevamo scegliere se gettare la spugna o pensare fuori dalla scatola. Volete sapere una curiosità? Non avevamo nemmeno la scatola. Eravamo così giovani ed inesperti che l’avevamo buttata via assieme alla garanzia del prodotto.
Quindi abbiamo pensato: e se presentassimo al nostro pubblico una serie che non esiste e che probabilmente non esisterà mai? Sounds crazy… alla fine abbiamo prodotto due stagioni.
Se una serie web ambientata in Friuli non esiste ci sarà un motivo.
Ferdinando Morgana – Parlando di progettazione creativa e sviluppo creativo, credo che una delle componenti più importanti sia la flessibilità. E l’esempio di Felici ma Furlans direi è emblematico. Come ti approcci a un progetto quando in corso d’opera devi modificarlo per una richiesta specifica della committenza, o perchè varia il medium su cui quel progetto verrà veicolato?
Ferdinando Morgana – Tu sei friulano e ti sei formato a Barcellona, due realtà diversissime ma che hanno nella lingua una forte componente identitaria. Tu stesso scrivi e realizzi molte opere in friulano. Come si è fatta strada in te l’idea di realizzare testi teatrali e sceneggiature spettacoli teatrali e web series in friulano e quanto è come è stato recepito questo approccio dal pubblico?
Alessandro Di Pauli – Qualche mese fa sono andato a vedere uno spettacolo teatrale, un’opera corale con più di 10 interpreti in scena, in lingua slovena.Qui le novità sono due: finalmente più di un attore in scena (basta monologhi please!) e la lingua slovena. Io parlo diverse lingue (tutte contemporaneamente, citando Paolo Rossi), ma non lo sloveno. Si apre il sipario. Attori ed attrici entrano in scena ed iniziano a vivere, in modo suggestivo e carnale, la loro epopea. Purtroppo i sovratitoli (la versione dei sottotitoli ideata da chi vuole abolire la proprietà privata e sopprimere l’economia di mercato) erano totalmente sfasati. Immagino che la persona addetta ai sovratitoli avesse un problema molto forte legato alla gestione del software o dell’LSD. Fatto sta che ad un certo punto ho smesso di leggere la traduzione delle battute perché mi facevano perdere il filo del discorso di ciò che accadeva in scena.
Credit foto di Giovanni Boscolo dal set di BUIO 1981 una fiaba cupa raccontata nell’oscurità.
Per me tutto è drammaturgia. Tutto è narrazione. Ogni gesto che noi compiamo delinea i tratti del nostro racconto. Ma è vera anche un'altra prospettiva. La nostra mente tende a trovare la narrazione anche dove non c'è intento narrativo.
Ferdinando Morgana – Oltre che drammaturgo, sceneggiatore e regista tu sei anche docente e tutor di sceneggiatura. Quali consigli dai loro per mettere in pratica quello che apprendono?
Il mio consiglio allora è: se volete che sia il vostro mestiere, comportatevi da professionisti e fatelo diventare il vostro mestiere.
Ideatore del metodo Cartografia Letteraria, Writing Coach ed Editor.
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