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Prendiamo un caso limite: La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Non solo il caso editoriale del 2008, ma probabilmente dell’intero decennio in cui è stato pubblicato. Ha conquistato il Premio Strega e Campiello opera prima di quell’anno, e ha venduto molto. Moltissimo. I numeri dell’editoria non sono mai dichiarati apertamente, ma si parla di un numero compreso tra i tre e i quattro milioni di copie.
Facciamo un altro esempio: Novecento di Alessandro Baricco. Anche questo libro di enorme successo uscito nel 1994 ha venduto ben oltre un milione di copie, diventando da subito un celebrato caso editoriale.
Della fortuna di questi due libri – un romanzo e un monologo teatrale – è stato detto di tutto. Che fosse il risultato di una ben congegnata campagna di marketing e comunicazione; o merito del titolo o della copertina. Che dipendesse dal magnetismo o dal fascino dell’autore, o merito della presenza televisiva, di una fama già acquisita precedentemente. Che gli editori conoscano le vere leve del mercato, e che le sappiano usare a loro favore.
Di queste spiegazioni, tutte inefficaci, certamente l’ultima è la meno sensata. Se gli editori conoscessero davvero il segreto per vendere un milione di copie di un romanzo, allora assisteremmo a vendite stellari praticamente sempre. La classifica di vendita dei libri assomiglierebbe più a un segnapunti impazzito, che al rendiconto, spesso modesto, che vediamo ogni settimana. Se il mercato si potesse telecomandare con qualche semplice leva, semplicemente non esisterebbe il mercato.
La risposta più probabile è un insieme di concause: trama interessante, titolo accattivante, autore o autrice magnetico, una campagna di promozione efficace. Ma sicuramente c’è altro. Qualcosa di inesprimibile, che il matematico ed economista libanese Nassim Nicholas Taleb chiama il cigno nero, ovvero un evento imprevisto, casuale, fuori portata rispetto gli eventi standard.
Per chi si concentra solo sui risultati, l'ossessione per pochi casi esemplari diventa centrale. Diventa più importante criticare chi ce l’ha fatta, o scoprire grazie a quale ingrediente segreto ha ottenuto il successo editoriale.
Chi guarda solo al risultato, alla pubblicazione, alle vendite, alle interviste e alle ospitate in tv, non ha capito cosa conta davvero. Non ha capito la differenza tra processo e risultato. La vendita, e quello che consegue è solo risultato. Il titolo o la copertina sono risultati. L’intervista è il risultato.
Quello che conta, e su cui chi desidera scrivere narrativa deve concentrarsi, è invece il processo. Il processo di scrittura, di creazione dei personaggi, della trama.
Conoscere e tenere a mente la differenza tra processo e risultato nella scrittura, è fondamentale per portare a termine il proprio progetto. Così come per creare una stabilità economica è fondamentale conoscere la differenza tra lavorare, risparmiare e investire, o vincere alla lotteria. Esistono risultati che non sono esito di un processo delineato, e che quindi non devono essere presi a esempio. Certo, sono casi realmente esistenti. Ogni 6 gennaio c’è qualcuno che vince alla lotteria. Ma si tratta di un’unica persona, che non lo ha progettato o scelto.
Focalizzare le proprie risorse – energia, tempo, attenzione – su un gesto di scrittura di ampio respiro come un romanzo, richiede una scelta consapevole. Richiede un progetto. Molto spesso quel progetto si è capaci di incardinarlo da soli, di portarlo a termine senza l’aiuto esterno di nessuno. Altre volte, invece, ci rendiamo conto di aver bisogno di un occhio esterno, dell’aiuto di un professionista che ci accompagni lungo la strada, che fissi con noi degli obiettivi intermedi, degli step di lavoro.
Magari che ci aiuti a capire perché la nostra scrittura si incaglia e come possiamo lavorare per sbloccarla. Qualcuno che scopra con noi da dove hanno origine le nostre storie, e ci aiuti ad alimentare il midollo da cui emergono le cose che vogliamo dire.
Ideatore del metodo Cartografia Letteraria, Writing Coach ed Editor.
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