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Se cerchi l’originalità a tutti i costi, allora ecco, ho un consiglio per te.
Una volta ho sentito dire – non ricordo più da chi – che Romeo e Giulietta altro non fosse che il calco di un poema amoroso egizio di oltre 7.000 anni fa. Ecco, forse la mia memoria può non essere perfetta nella ricostruzione dei fatti, o chi ha citato questa collocazione dell’ispirazione di Shakespeare può aver sbagliato alcune coordinate. Ma il fatto resta: le storie che conosciamo non sono quasi mai originali. Provengono quasi sempre da un luogo, da una ispirazione, da un momento precedente.
Attingono tutte da un bacino inevitabilmente ristretto, composto da un numero finito di elementi, uniti tra loro in un numero limitato di combinazioni possibili. E, soprattutto, questo bacino è già stato dragato a sufficienza. Sconfortante? No, non direi. Ma andiamo con ordine.
Una storia ha alcuni componenti codificati – un protagonista, un coprotagonista, un mentore, un antagonista, e ovviamente molti altri – che non per forza compariranno tutti. Sono come gli elementi della tavola periodica, come ingredienti di un piatto, come figure geometriche di un piano. Andiamo avanti: tra loro si instaurano relazioni: di amicizia, di amore, di dipendenza, di riscatto, di conflitto. L’intera gamma delle emozioni e relazioni umane.
Per rimanere nella metafora della chimica, potremmo dire che tra i nostri elementi intercorrono relazioni, forze e connessioni. L’intera gamma dei legami chimici e fisici della natura. Concludiamo: i nostri elementi, uniti da speciali forze e legami, si muovono in un contesto dato: gli stati della materia. Esempio: due atomi di idrogeno di legano a un atomo di ossigeno, formando in questo modo una molecola di H20, di acqua. L’acqua esiste negli stati che la natura le concede: evapora, ghiaccia, scorre si muove in un contesto.
Bene, allo stesso modo – per raccontare una storia – noi abbiamo a disposizione personaggi (protagonisti, antagonisti, aiutanti, mentori, o eroi dai mille volti – secondo la classificazione di Campbell), legati tra loro da rapporti che ci sono noti secondo l’esperienza umana (come dicevo poco prima – amore, odio, conflitto, parentela, etc.), e che si muovono raggiungendo precisi stati. Questi stati, nel modo di raccontare storie che ci ha consegnato la tradizione occidentale, sono la struttura in tre atti e il viaggio dell’eroe. Tutta la nostra tradizione occidentale si muove grosso modo secondo queste coordinate: una storia ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Il conflitto che muove una storia ha una genesi, un tentativo (un percorso) di risoluzione e una risoluzione efficace ed efficiente dl problema iniziale.
Tutta la nostra tradizione occidentale si muove grosso modo secondo queste coordinate: una storia ha un inizio, uno svolgimento, una fine. Ma se pensiamo di ricavare da qui l'originalità della nostra storia, o del modo di raccontarla, bene, non otterremo nulla.
Originalità o autenticità?
Se ci basiamo solo su questo, solo sulla meccanica, allora la nostra missione di ricerca di originalità è destinata sicuramente a fallire. Perché, come dicevo all’inizio, è stato provato tutto. Sicuramente ci sarà ancora qualcosa che qualcuno non ha provato – difficile – ma non è lì che si gioca la partita di una storia coinvolgente e unica.
Questo perché la narrazione non è chimica, non è fisica. Questi sono esempi, utilissimi, fondamentali se abbiamo la necessità di semplificare. Di capire nel piccolo cosa si scatena nel grande. Ma la narrazione, la scrittura di storie, è soprattutto altro. Sì, le strutture e i suoi elementi, ma soprattutto chi le racconta. Soprattutto l’esperienza di chi le racconta. Dietro una narrazione c’è sempre una persona.
Ed eccoci arrivati al messaggio che volevo consegnarvi oggi: non è l’originalità che va inseguita. Non la meccanica o le strutture. A tutti quelli che mi chiedono come trovare una storia originale, come è possibile raccontare in maniera originale, quale diavoleria escogitare per essere originali, io dico sempre che non è importante. Non so se è possibile, ma di sicuro non è importante.
Quello che farà la differenza nella tua storia sarà l'autenticità. L'aderenza reale a ciò a cui tieni veramente. Se il lettore percepirà che hai raccontato qualcosa che ti era necessario dire, qualcosa che per te è spinoso da affrontare, qualcosa che ti fa paura o ti sta a cuore.
Metti sulla pagina un sentimento vero – non serve raccontare per forza la tua vita, ma cosa hai provato, nella vita. Trasferire sulla pagina come ti sei sentito, cosa hai provato, quale tormento non ti ha abbandonato. Quella morsa allo stomaco che ti fa venire i conati ogni volta che ci ripensi.
Ecco, quella morsa allo stomaco lì. Quella è l’autenticità. Il bisogno di liberarsi o di condividere quella morsa alla bocca dello stomaco.
Cercate di essere autentici, non originali. Fa tutta la differenza del mondo.
Ideatore del metodo Cartografia Letteraria, Writing Coach ed Editor.
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