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In che modo possiamo dare vita a un personaggio letterario credibile, tridimensionale, vero? Bene, come abbiamo visto nei precedenti episodi di questa serie dedicata ai personaggi, esistono moltissime vie. Si tratta di metodi di lavoro, di strategie, di Vie della Narrazione a volte integrabili e perseguibili insieme, a volte contraddittorie.
Poiché la costruzione di un personaggio è uno degli aspetti più importanti della narrativa, a questo tema è dedicata una serie di articoli – questa è la Parte Terza – che messi insieme, cercano di dire tutto quello che ho imparato sulla creazione dei personaggi. Sul metodo di lavoro, sull’ispirazione.
In questo terzo articolo voglio soffermarmi sul protagonista e i comprimari.
Protagonista è innanzitutto – banalmente – quel personaggio che compare più spesso, che appare nel maggior numero di scene, che occupa con la sua presenza, le sue azioni, i suoi pensieri, la maggior parte dello spazio fisico del testo. Che apre bocca nella maggior parte delle battute di dialogo. Secondo questo approccio, possiamo individuare molto facilmente chi è il protagonista di una storia. Chi sposta il peso maggiore, che primeggia senza pari, tra gli altri.
Difetto di questo metodo di individuazione del protagonista è il romanzo corale. Nelle storie cosiddette corali, molti personaggi agiscono insieme, formano una squadra, contribuiscono come un’onda a intervenire nella storia. Si tratta spesso di famiglie, o di gruppi di amici, più raramente degli abitanti di una città o della società in quanto tale. Esempio: Niente, di Janne Teller, nel quale un gruppo di ragazzini, cerca di convincere uno di loro – novello Barone rampante – a scendere dall’albero sul quale si è rifugiato per scappare dal mondo, mondo che ai suoi occhi ha perso completamente di significato. Niente, infatti, ha per lui più senso.
Il protagonista è l’eroe, è chi conduce (e vince) la battaglia. E’ chi si presenta a noi con l’armatura scintillante. Chi conquista. Ma non solo.
Protagonista è chi incarna il tema del romanzo. Tra le molte risposte possibili, questa è la mia preferita, quella che ritengo la più piena, la più esaustiva. Il tema è l’asse portante di un romanzo, il suo midollo – come amo chiamarlo. La sua parte più intima e generativa. Il tema di un romanzo non è la sua trama, non è l’insieme dei suoi avvenimenti, non è l’intreccio o il significato della storia. Il tema è ciò che voglio raccontare mentre la trama si svolge. E’ ciò che sorregge dall’interno le scelte del narratore. E’ ciò di cui parlo mentre racconto la trama. Il protagonista porta sulle sue spalle questo senso, incarna con la sua figura e con le sue decisioni questo significato. E’ protagonista chi, tra i personaggi, si fa carico di portare avanti nel racconto questo sentire. William Stoner è il protagonista del romanzo omonimo proprio perché incarna il fallimento, la mediocrità, la non-riuscita argomento del romanzo di John Williams.
Dopo aver affrontato a lungo il protagonista, la domanda successiva non può che riguardare l’antagonista. Chi è allora un antagonista? Nel romanzo che teniamo chiuso nel cassetto l’antagonista è l’avversario, il nemico, l’oppositore, chiunque si frapponga tra il protagonista e il raggiungimento del suo obiettivo. Notiamo bene: non necessariamente si deve trattare di un essere umano. Può essere un mostro, un automa, un animale, una proibizione sociale o famigliare, una cometa che sta per schiantarsi sulla Terra (sì, ma anche questo), la natura ostile o il codice di un regolamento labirintico e contraddittorio, e ancora molto molto altro.
L’antagonista è l’incarnazione dell’ostacolo, è ciò che si frappone tra il protagonista e l’ottenimento di ciò gli manca. Per questo motivo l’antagonista è l’opposto simmetrico del protagonista. Questa opposizione si incarnerà nei valori o nella fisionomia, nelle origini o nella famiglia. Certamente l’antagonista è colui che vuole perseguire un obiettivo simmetricamente opposto a quello del protagonista. Se uno cerca di distruggere la Terra, l’altro proverà a salvarla. Se uno desidera una donna, l’altro la vorrà per sé sola.
Questa costruzione per simmetria porta l’antagonista a essere un personaggio semplice da costruire, ma proprio per questo anche facilmente banalizzabile. La bravura sarà allora quella di scartare leggermente di lato, caratterizzando l’antagonista con sfaccettature impreviste, prese da canoni di altri generi letterari, o addirittura avvicinandolo alla forma che abbiamo dato al nostro protagonista.
Tutto ciò che rimane sulla scena – semplificando molto – sono i comprimari: piccoli o grandi, memorabili o anonimi, spalle, alleati, giullari o amanti. Sono personaggi che accompagnano il protagonista lungo la sua storia, o che ne seguono una autonoma, parallela alla narrazione principale. Parliamo in questo caso di sottotrame, che come un puntello, sorreggono l’architrave principale di una storia. Esistono sottotrame comiche, drammatiche, thriller. Le sottotrame romantiche sono perfette per portare avanti la storia di un comprimario e tessere legami tra personaggi – “si baceranno? si sposeranno?” e ora che si sono lasciati riusciranno a lavorare ancora insieme? – creando un sistema di relazioni che dà spessore alla trama.
Ma in generale chi è un comprimario? Ripercorrendo le risposte date fino a ora per il protagonista, possiamo dire che un comprimario è presente in un numero minore di pagine, ha meno spazio nel romanzo, interpreta un numero minore di battute di dialogo, ascoltiamo meno i suoi pensieri, siamo meno nella sua testa, non è la persona deputata a risolvere i problemi maggiori e le sfide principali del romanzo.
Tutto vero, tutto valido, ma la mia risposta preferita rimane un’altra. Torniamo al tema: un comprimario non è il personaggio che incarna principalmente il tema della storia che sto raccontando. Non è lui a rispondere alla domanda fondamentale che il romanzo ci sta ponendo. Non è da lui che ci aspettiamo qualcosa.
E allora, cosa fa? Ecco, incarna un suo problema – collaterale, ma non per questo minore – e lo porta con sé. Si fa carico di un tema più piccolo, di una sfida personale, che puntella la vicenda personale. L’importanza dei personaggi collaterali, dei comprimari, degli aiutanti sta tutta qui: nello spessore che quelle sfide collaterali offrono alla storia, alla profondità che contribuiscono a dare.
Esempio. Juno è un film del 2007 diretto da Jason Reitman, nel quale si racconta la storia di Juno MacGuff, una ragazza di 16 anni che rimane incinta del suo migliore amico, Paulie Bleeker, la sua prima e unica esperienza sessuale. Juno vuole tenere il bambino, ma decide per l’affido. Sente presto che non può essere lei, in quel momento della sua vita, a crescere il bimbo che sta arrivando. Inizia a cercare una famiglia affidataria. Il tema del film è quindi: qual è la famiglia più adatta per allevare un figlio? Dopo molte ricerche Juno sceglierà Vanessa Loring, single con un fortissimo desiderio di maternità. La famiglia adatta non è per forza quella convenzionale, ma quella in grado di dare amore.
Mentre Juno MacGuff porta sulle sue spalle questo tema, questa ricerca, tutti i personaggi intorno a lei la aiutano, la sostengono, ma portano anche sulle proprie spalle una ricerca parallela. I genitori di Juno devono affrontare questa situazione per loro inedita, Paulie cercherà di capire cosa vuole da Juno e cosa significa per lui essere padre, Vanessa affronterà la sfida di crescere il bimbo da sola.
Come per l’antagonista, anche con i comprimari possiamo lavorare caratterizzandoli con sfaccettature impreviste, affidando loro temi e sfide distanti dal film, oppure portandoli vicino al tema del nostro romanzo. Sta a noi decidere quanto farli crescere, quanto investirli di luce e attenzione – magari abbastanza da farli diventare protagonisti di un nostro successivo romanzo.
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