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Per creare un personaggio letterario che sia credibile, tridimensionale, vero, ci sono moltissimi elementi da possedere e molte strade possibili da percorrere.
Per dare vita a un personaggio non esiste – secondo la mia esperienza – una sola tecnica, o una via preferibile sopra le altre. È come per l’arrampicata, esistono appigli sicuri, vie più battute di altre, chiodi e ferrate già inserite nella roccia, e poi. E poi ci sono spuntoni di roccia scivolosi o in ombra, invisibili alla prima occhiata, vie aperte che aspettano di essere attraversate da altri scalatori, pareti verticali ancora inviolate. Poi c’è anche El Capitan, ma quella è un’altra storia.
In questo scenario, il modo più ragionevole che mi viene da percorrere è di procedere per punti da collegare tra loro in un secondo momento, per sacche e falde da esplorare o dragare insieme, per contenuti da mappare e cartografare con segnata lentezza.
Seguirà un certo numero di articoli – questa la Parte Prima – che messi insieme, cercheranno di dire quello che so sul creare un personaggio. In questo articolo mi soffermerò sull’importanza dei dettagli.
Credo sia stato Scott Fitzgerald a dire che per dare vita a un personaggio aveva bisogno di mettere insieme sette persone. Questa osservazione ci dice molto del modo di procedere di romanzieri e sceneggiatori, di chi ha la necessità continua di costruire personaggi letterari.
Tutto quello che depositiamo su una pagina scritta, anche la storia apparentemente più distante dalla nostra quotidianità, si appoggia, parte inevitabilmente da aspetti di esperienza naturale condivisa. Autore e lettore possiedono elementi di conoscenza del reale comuni, grazie ai quali poter riconoscere ciò che è impresso sulla pagina. La comunicazione sarebbe altrimenti incomprensibile.
Piccolo esempio: ogni personaggio vive in un certo ambiente, si muove e interagisce con altre persone o cose. Sembra banale, ma è la base di tutto, appoggiarsi a questo semplice dato di realtà ci permette di creare un personaggio credibile e “vero”, porgendo attenzione a cosa ci circonda.
Prendi appunti. Di quello che senti, di comportamenti, vezzi, modi di dire e manie che ti colpiscono. I personaggi cui daremo vita sono sempre – in buona parte – declinazioni, assemblaggi, armonie di elementi raccolti intorno a noi.
Un personaggio è credibile se è tridimensionale, e a dargli tridimensionalità sono i dettagli con cui lo tratteggiamo.
La parte più rilevante della sezione precedente risiede in quel “in buona parte” presente nell’ultimo paragrafo.
Per quanto, lo confermo, i personaggi abbiano la necessità di abitare e di crescere nelle persone che conosciamo, che abbiamo incontrato nella realtà, che ci hanno sfiorato anche una volta sola; allo stesso modo hanno bisogno di compartecipare di noi stessi. Non è ovviamente un obbligo, ma chi scrive tende spesso a declinare alcune parti di se stesso nei personaggi di finzione che crea.
L’attività principale nella creazione di personaggi di fiction è ovviamente l’ideazione e lo sviluppo di elementi di finzione, dati dalla nostra immaginazione. L’attività dell’immaginazione non è mai, però, pura, ma si appoggia in maniera spuria, contaminata, necessaria alla vita, alla realtà, a ciò che siamo e sappiamo delle cose.
Ciò che sappiamo meglio non può che essere la nostra vita, la nostra esperienza diretta, quindi è inevitabile trasfondere nei personaggi che creiamo elementi di ciò che siamo. Questo non significa che i giudizi e le opinioni dei personaggi saranno i nostri – sarebbe un errore. Ma che parti di ciò a cui teniamo, alcuni nostri tic, piccoli passi delle nostre vite, hanno un accesso privilegiato nel raggiungere i personaggi che creiamo.
Per conoscere meglio il luogo dal quale hanno origine le nostre storie puoi leggere anche “Qual è il midollo della storia che vuoi raccontare?”.
Torniamo alla tridimensionalità, al tentativo di rendere “vivo” un personaggio. Un metodo utile è conoscerlo, abitarlo, vederlo incarnare giorno dopo giorno al nostro fianco.
Sapere più cose possibili del nostro protagonista ci aiuterà a farlo muovere con più semplicità sulla pagina. Se sappiamo che è collerico e che guida una macchina scassata a causa della quale arriva sempre in ritardo ovunque, ecco che le scene in cui impreca nel traffico si scriveranno da sole.
Non voglio dare un’impronta troppo meccanicistica del mestiere di scrivere, ma è indubbio che abitare i personaggi, stare con loro il più possibile durante la nostra giornata, lasciarli fermentare in un angolo della nostra mente mentre facciamo altro, è utilissimo.
Ecco quindi che stilare elenchi è molto utile. Avvicinarci ai nostri personaggi attraverso la compilazione di elenchi di caratteristiche fisiche, mentali e caratteriali. Elenchi degli oggetti che possiedono, delle loro passioni, piccoli dettagli che li rendono inconfondibili. Cosa sognano, cosa detestano, per chi farebbero una follia?
Tutta questa mole di informazioni non dovrà rientrare necessariamente nella nostra storia, ma sarà lo sfondo, l’impalcatura di sostegno, della nostra attività di immaginazione. Dobbiamo conoscere anche ciò che non finirà sulla pagina, perché sarà quella parte invisibile a sostenere tutto il resto.
I personaggi letterari indimenticabili possono nascere anche da una sola scintilla, da un’immagine, da una suggestione, da un ricordo lontano.
La costruzione di un personaggio può essere guidata dalla forza trainante di un elemento forte, che ci attira a lui mentre scriviamo. Come un magnete che ci trascina per molta strada. In questo caso non dobbiamo sapere tutto del personaggio, non è necessario avere in mano una mappa dettagliata o un elenco fitto di punti. Ci basta un elemento piccolo ma significativo.
Se costruiamo un personaggio seguendo questo modo, scopriremo tutto di lui costruendolo pagina dopo pagina. Sarà lui o lei a mostrarsi, a indicare la strada che desidera percorrere. Arriverà lui a noi, e non viceversa. L’importante è che l’innesco che abbiamo scelto (o da cui siamo stati scelti?) per costruirlo sia molto significativo per noi.
Che si tratti di un trauma dal quale vogliamo provare a liberarci, che sia un ricordo piacevole, o una foto ritagliata da una rivista, l’innesco deve possedere la capacità di ossessionarci, di trascinarci. Di farci focalizzare sul processo di scoperta del personaggio come creazione invece che sul risultato. A questo proposito puoi leggere anche l’articolo “Perché conoscere la differenza tra processo e risultato è fondamentale se vuoi scrivere un romanzo”.
Foto prese su Unsplash.
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