Tempo di lettura 15 minuti
Poiché la costruzione di un personaggio è uno degli aspetti più importanti della narrativa, ho deciso di dedicare a questo tema un certo numero di articoli – questa è la Parte Seconda – che messi insieme, cercheranno di dire sullo scrivere narrativa quello che ho imparato attraverso la pratica della scrittura, la lettura e lo studio.
In questo secondo articolo voglio soffermarmi sul tema del conflitto e degli ostacoli che un personaggio letterario deve affrontare.
Esiste narrazione oltre il viaggio dell’eroe? Certo, ovviamente. Ma non ne parlerò qui. Quello che ci interessa rilevare, per adesso, è che al fondo di tutte queste riflessioni di Propp, Campbell e Vogler regna il concetto di conflitto. Il conflitto è la quintessenza delle loro riflessioni sulla narrazione.
Per la nostra tradizione occidentale, il conflitto è il motore della narrazione. É ciò che rende possibile l’incedere della narrazione in una logica drammaturgicamente organizzata. Se c’è conflitto (dal latino conflictus – urto, scontro) c’è movimento, c’è (c’è stata, ci sarà ancora) azione. E non esiste – sempre per la nostra tradizione – racconto senza movimento, senza mutazione delle posizioni in campo, senza viaggio o crescita, senza aver imparato o perduto qualcosa. Ecco che allora ideare un conflitto significa proprio questo: attivare la precondizione per la vita. Il conflitto è il soffio che instilla la vita nel Mondo della storia che abbiamo creato.
Ideare un conflitto significa proprio questo: attivare la precondizione per la vita.
Gli ostacoli non sono tutti uguali, ne esistono di modesti e di (apparentemente) impossibili da affrontare. L’importante è che siano proporzionati alla reale possibilità del personaggio letterario di superarli. Immaginiamo di inserire il nostro personaggio in una scena in cui per salvarsi deve scavalcare un muro o una staccionata. Ecco, un ostacolo avvincente, interessante da superare, non dovrebbe essere alto dieci centimetri, ma nemmeno dieci metri. Quella staccionata dovrà essere alta abbastanza da essere scavalcata con uno sforzo commisurato alle abilità del personaggio, ma comunque avvincente.
Al superamento di ogni ostacolo, il nostro personaggio letterario cresce – immaginiamolo davvero come un essere umano che diventa più grande, più capace, più bravo a scavalcare le staccionate. Bene, la staccionata successiva dovrà quindi essere un po’ più alta, un po’ più difficile da raggiungere, un po’ più sorvegliata. E maggiore è l’ostacolo, maggiore sarà la posta in gioco. Il tema di considerare quale sia la posta in gioco rischiata dal protagonista è fondamentale per creare tensione narrativa ed empatia nei confronti del lettore. Se un personaggio non ha nulla da perdere dai propri azzardi, l’ostacolo perde di significato, si svuota di senso e diventa solo un artificio per creare trama.
In una narrazione, quindi, il conflitto non è mai solo uno, ma ne esiste un’intera serie. E si tratta di una serie organizzata secondo un grado crescente di difficoltà. Il nostro personaggio impara a superare il conflitto nel corso della storia, allo stesso modo il conflitto impara a non farsi superare. É una danza a due, una crescita reciproca degli opposti. Questa danza, questa crescita del personaggio nelle difficoltà, questo percorso di affrancamento dalle difficoltà è chiamato arco di trasformazione del personaggio letterario.
All’inizio di una storia, un personaggio si trova in una situazione di stallo, una situazione cosiddetta ‘ordinaria’, abita il mondo dell’ordine. Intendiamoci, non significa che si trovi al sicuro sul divano, ma che abita una vita per lui ordinaria, di tutti i giorni, fosse anche vissuta nello spazio o in una trincea della prima Guerra Mondiale. Per lui è la realtà da affrontare ordinariamente, quotidianamente. Lo conosciamo quindi nel mondo ordinario, a lui consueto. La tensione che lo trasformerà da qui alla fine della sua avventura è l’arco di trasformazione. L’insieme delle trasformazioni che, come in una parabola, lo porterà ad abitare un nuovo ordine.
Nel nuovo ordine, il personaggio letterario porterà con sé ciò che ha imparato, la sua nuova scala di valori, ciò che è diventato, gli alleati e gli amici – trasformati anche loro – le ferite e le conquiste che lo hanno fatto diventare altro. Diciamolo meglio, il nuovo mondo abitato dal nostro personaggio è tale non in sé, ma è nuovo proprio perché il personaggio è cambiato, incarna valori diversi, possiede una visione del mondo diversa. Il personaggio torna a casa e la trova diversa, perché è lui ad avere occhi nuovi. Un po’ come quando torniamo a dormire per una notte nella nostra cameretta d’infanzia – ma il letto era così piccolo anche allora? E quei poster alle pareti, impossibile ci siano sempre stati.
Ma conflitto non significa solamente ostacolo esteriore, difficoltà di fronte a qualcosa che mi si oppone, per esempio la natura. Non è solo l’opposizione di qualcuno alla mia volontà, ai miei desideri. In questa accezione il conflitto può essere anche una norma sociale a cui voglio oppormi, può essere l’obiezione di una società intera, una regola. Tutti questi sono conflitti esterni.
Di altro tipo, forse più intenso, è il conflitto interno. L’opposizione, ovvero, che gioca dentro al personaggio letterario. Per esempio tra ciò che un personaggio è davvero, e ciò che rappresenta nella società. O tra ciò che desidera veramente e ciò che gli altri si aspettano invece da lui. Altro tipo di conflitto interno è quello che scaturisce da un trauma o da un obiettivo mai raggiunto e che condiziona le azioni future.
Una narrazione può funzionare bene anche se è presente solo uno dei due tipi di conflitto. Ma se sono presenti entrambi, allora assumerà una maggiore profondità e tridimensionalità.
Conflitto interiore e conflitto esteriore non sono casuali, ma nascono profondamente intrecciati, si rispecchiano e si parlano. Solo in questo modo possono funzionare.
La grande occasione arriverà quando Apollo Creed lo sfiderà, mettendo in palio il titolo di campione dei pesi massimi. L’ostacolo esterno, l’incontro per il titolo di campione, potrà aiutarlo a dimostrare a sé e a tutti quanto Rocky veramente valga. Ostacolo interno e ostacolo esterno si parlano, viaggiano insieme, si rispecchiano. Conferiscono tridimensionalità al personaggio.
Non ricordo chi abbia detto che le difficoltà della vita si iniziano a sciogliere una volta che si è accettato che esistono verità contraddittorie che sono valide nello stesso tempo. Non so se sia vero che le difficoltà della vita si sciolgono una volta acquisita questa consapevolezza, di certo è vero che esistono verità tra loro contraddittorie ma valide allo stesso tempo. Per esempio amare qualcuno, ma doverlo allontanare perché ci sta distruggendo.
Ecco, ci sono personaggi letterari che vengono creati in questo modo particolare: allineando tra loro due verità contraddittorie. Si tratta di una strada difficile dal risultato incerto, ma è di sicuro una tecnica molto suggestiva.
Ecco, allineando due verità opposte il personaggio letterario entra subito in tensione, inizia a vibrare e a far vibrare tutto quello che incontra. Gli altri personaggi entrano subito in risonanza e si attivano – positivamente o negativamente – perché vengono messi in crisi dalla sua presenza. Il mondo ordinario viene incrinato da questa vibrazione e inizia a scardinarsi. Le tessere del reale iniziano a cambiare composizione. La storia inizia già, in qualche modo, a scriversi da sola.
Come costruire un personaggio letterario - Protagonista e comprimari In che modo possiamo dare vita a un personaggio letterario credibile, tridimensionale, vero? Bene, come abbiamo.
Costruire un personaggio letterario: conflitto e ostacoli. Per creare un personaggio letterario credibile, tridimensionale, vero, sono molte le vie che è possibile percorrere. Molti i.
Leggi altri articoli dal Blog, troverai tante altre risorse gratuite.