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Il romanzo – il racconto, la storia – su cui sei al lavoro, ha sicuramente una trama.
Per immaginarla forse hai impiegato pochi minuti (male), forse qualche giorno (ancora male), probabilmente settimane, modificandola man mano che procedevi con la stesura (bene così).
Qualunque sia la trama del tuo romanzo, avrà sicuramente un intreccio, contemplerà dei personaggi, sarà punteggiata di descrizioni e snodi narrativi, sarà ambientata in un particolare luogo e periodo storico (o anche più periodi e luoghi, certo). Tutte queste sono informazioni. Informazioni che dovrai consegnare al tuo lettore perché non si perda, perché possa riconoscere cosa accade e a chi.
Nel dare informazioni al lettore, bisogna allora essere ben consapevoli di cosa si sta facendo. Non si deve eccedere nel paternalismo – per esempio spiegando tutto, anche l’ovvio. E d’altro canto non ci si deve neanche spostare eccessivamente verso il lato opposto, negando informazioni essenziali, credendo in questo modo di rendere il testo più misterioso, carico di fascino e suspense.
Vediamo allora cosa si intende per ellissi narrativa. L’ellissi è una interruzione, uno stacco, una rottura tra un elemento e un altro. Un’assenza di informazioni che però è possibile colmare attraverso una deduzione logica. L’inferenza logica è quindi la controparte dell’ellissi.
Se in un film vediamo una persona entrare in un bar e nella scena immediatamente successiva la vediamo sorseggiare per strada da un bicchiere di caffè americano, possiamo facilmente dedurre che cosa è successo. Dopo essere entrata nel bar ha ordinato un caffè americano da asporto ed è uscita. Facile.
Questa, in sintesi, è l’ellissi narrativa.
Facciamo continuamente ellissi narrative, scegliamo continuamente cosa dire e cosa omettere quando raccontiamo una storia. Se così non fosse, saremmo prolissi all'infinito, i nostri racconti sarebbero come una cartina in scala 1:1 della realtà.
Come nell’illusione ottica del triangolo di Kanizsa, quello che non diciamo aiuta a far emergere una figura, un racconto, che si evince anche grazie al vuoto che abbiamo creato.
Il vuoto nella narrazione è fondamentale. E ha la stessa dignità delle informazioni che abbiamo dato esplicitamente.
L’illusione ottica del triangolo di Kanizsa.
A proposito di narrazione: QUI trovi la mia selezione di manuali e testi utili per chi vuole scrivere narrativa.
All’opposto dell’ellissi narrativa c’è l’assenza di informazioni. Il cosiddetto buco narrativo.
Capita molte volte di vedere un film o leggere un romanzo e di chiedersi a un certo punto: “ma questo personaggio chi è?” o anche “ma perché adesso sono tutti felici?”, o ancora “ma dove stanno andando?”.
Ecco, se ci poniamo queste domande, allora molto probabilmente significa che chi ha scritto quel film o quel romanzo non ha saputo bene dosare le informazioni e ha creato un vero e proprio buco narrativo. Ha dato vita a una assenza di informazioni, tale per cui non è possibile inferire ciò che sta accadendo partendo da quello che sapevamo fino a quel punto.
Riconoscere il buco narrativo è semplice: basta chiedersi se posso capire – attraverso intuizione, deduzione, pura logica – cosa sta accadendo, in base alle informazioni che mi sono state date fino a quel punto.
Se per esempio si apre una porta e tutti salutano chi è entrato con grandi abbracci e noi lettori non sappiamo chi sia, e continuiamo a non saperlo ancora molto tempo dopo, ecco quello è un buco narrativo.
Altro esempio: la mia protagonista finisce per trovarsi in estrema difficoltà e per salvarsi la vita deve riuscire in un’acrobazia ed esegue un triplo salto mortale all’indietro senza sforzo, e poi guarda verso chi ha accanto e dice “sì, sono un’atleta olimpica di ginnastica”, ecco quello è un buco narrativo.
Se ci sono elementi che sono fondamentali per la costruzione della trama e dei nostri personaggi, non possiamo tralasciare di dirli, decidendo di mostrarli quando capita. La soluzione è solo una: gestire meglio le informazioni.
Come farlo? Tornare indietro e riscrivere. Riscrivere. E ancora.
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